Pubblicato su “Stop”
Antimafia, giovane e creativa, per smuovere le coscienze e allargare la partecipazione contro la criminalità organizzata. E’ quello che si propone, dalla sua sede nel cuore del Pigneto, quartiere della movida romana, una combattiva associazione, ‘daSud’ che anni prima del terremoto giudiziario ‘Mondo di mezzo’ aveva iniziato a raccontare il radicamento delle mafie a Roma, quelle ‘tradizionali’ e la neoemersa Mafia Capitale. Questi ragazzi hanno un’idea che sta coinvolgendo tutta la città per reagire alla criminalità, si chiama Antimafia Creativa, ma cos’è esattamente? “Per molto tempo, l’Antimafia, non ha badato alla forma, al modo di comunicare i suoi valori, ” spiega Carmen Vogani, giornalista e attivista di DaSud “La nostra generazione ha invece iniziato a pensare diversamente: quello della lotta alla criminalità organizzata non deve essere sempre necessariamente un discorso pesante e triste, ci possono essere delle forme più leggere per affrontare questi argomenti, senza la presunzione che l’importanza del contenuto basti per coinvolgere più persone possibili.” Così, ecco l’Antimafia creativa, che si pratica con coscienza civile e sorriso sulle labbra, utilizzando tanti strumenti diversi “L’Antimafia creativa è quella che usa fumetti, e-book, ma anche la musica, il cinema, il teatro, tutti mezzi che permettono di rendere l’antimafia ‘popolare’. “, spiega Carmen. Una delle iniziative più originali, che ha riscosso più successo nelle piazze della città in cui è stato proposto, è “MammaMafia”, un’enorme gioco di strategia, nello stile di ‘Monopoli’, per spiegare le dinamiche della criminalità organizzata. “Ci sono cinque player, dotati di apposite carte personaggio realizzate dal graphic designer Attilio Tomaselli: il Trafficante, il Colletto Bianco, il Palazzinaro, il Signore delle Slot e l’Imprenditore Sociale, gareggiano per diventare “Mammamafia”. spiegano i ragazzi di DaSud “Ciascun personaggio possiede delle “Abilità” e delle “Criticità”: il Trafficante, per esempio, crea welfare (abilità), ma determina spaccio e strade meno sicure (criticità); il Palazzinaro ha tanti soldi ma cementifica a scapito del territorio; il Signore delle Slot riempie vuoti sociali ma crea dipendenza e ricicla denaro sporco, e così via. Scopo del gioco è di conquistare il controllo mafioso del territorio tessendo alleanze, conquistando imprese, welfare e servizi, trafficando droghe e accumulando appalti, capitali e relazioni “importanti”. Una descrizione realistica dei meccanismi criminali raccontati, però, attraverso un momento ludico di socializzazione. Ma se la creatività può essere una nuova chiave per sensibilizzare le persone, di certo non è abbastanza, da sola, per sconfiggere le mafie. ” L’ antimafia funziona se diventa un punto di vista da applicare su molte delle questioni che interessano la società italiana: le politiche di genere, il lavoro, il welfare. In tempi di crisi, per esempio, bisogna pensare innanzitutto a un’ ‘antimafia delle opportunità’, perché le mafie creano consenso con la confusione tra diritto e favore, per cui, c’è un senso comune che dice che dove ci sono le mafie c’è lavoro, c’è sicurezza, e ci sono, insomma, anche dei lati positivi. Antimafia delle opportunità significa dunque proporre alternative, un altro tipo di società, un altro tipo di cittadinanza: l’ antimafia non deve essere retorica ma deve puntare a riappropriarsi di territori, beni confiscati, lavoro. C’è un pezzo di società civile che si mette infila davanti ai clan, come se fossero un ufficio di collocamento, e questo è il ‘welfare delle mafie’, che viene distribuito in modi diversi, e questa battaglia va combattuta con le stesse armi: la mafia ti da qualcosa, la società civile deve darne di più, e senza dover scendere a compromessi. In tempi di crisi questo è un punto fondamentale. E del resto, le mafie, sono in grado di crearla e di cavalcarla la crisi.” Una battaglia, quella contro le mafie che riguarda tutta Italia: da molto tempo, ormai, non è solo una questione del sud “Noi veniamo tutti da Sud,” spiega Pasquale “A sud nasciamo come associazione dieci anni fa, ma le mafie ormai sono in tutto il territorio italiano, solo che, paradossalmente, nei territori ‘non tradizionali’ c’è più negazionismo, più difficoltà a chiamare le cose con il loro nome. I percorsi di conoscenza del fenomeno criminale vanno fatti, sono molto faticosi, ma bisogna aiutare i cittadini sui loro territori a dare una chiave di lettura a quello che succede. Se si dice ‘non è mafia, è un sistema corruttivo’, come successo nei giorni in cui esplodeva il caso Mafia Capitale, non si fa che allontanare la soluzione del problema: prima si riconosce la malattia, prima s’individua la terapia giusta per guarire.” Eppure, questa malattia, invece che scomparire, sembra diventare un’ epidemia, ma cos’è che induce un gruppo di giovani ad impegnarsi in prima linea nella lotta alla mafia e, soprattutto, come si fa a non perdere la speranza di poter vedere cambiare le cose?”Bisogna partire da un dato: noi che stiamo dalla parte giusta, numericamente siamo di più. E’ vero, viviamo una fase storica complicata, ma dobbiamo essere noi a farci carico dei luoghi in cui viviamo e della nostra possibilità di partecipare al cambiamento della società, perché questo è un momento di cambiamento, che sarà lungo, ma che, alla fine, porterà a una società diversa da quella che conosciamo. In Italia, purtroppo, si fa presto a rassegnarsi all’ idea che le cose non possono cambiare, invece non è così. C’è tutta una parte sana di società italiana che fa un lavoro straordinario nella quotidianità. Le risposte vanno date tutti insieme: ciascuno deve fare la propria parte. La politica deve fare la sua parte, la società civile la sua, la magistratura la sua. Ma è un fatto, unendo le forze, le cose possono cambiare.”
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